Alessio Melizzi intervista Roberto Bracco - Cavaliere della Repubblica Italiana
- Pubblicato: 07 Settembre 2019
Nel panorama pugilistico ligure Roberto Bracco è uno che non ha bisogno di presentazioni. Una vita dedicata allo sport passando attraverso gioie, dolori, delusioni e trionfi, ma lasciando un segno e, soprattutto, trasmettendo un esempio. E non poteva non arrivare il traguardo più glorioso, l’ onorificenza più ambita: il titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana conferitogli dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Ma riavvolgiamo il nastro e scopriamo qualche cosa di più su di lui.
Roberto che sensazione hai provato a ricevere la nomina da parte del Capo dello Stato? Te lo aspettavi?
“Posso dire che è stata una sorpresa enorme, sono commosso e allo stesso tempo è una cosa che mi riempie di orgoglio. Questo è un premio prestigioso e importantissimo che di solito viene dato a luminari, avvocati, grandi dirigenti, etc. Averlo ricevuto significa che qualcosa di buono nella mia carriera l’ho fatta. Come ho detto è stata una sorpresa anche se un lieve sentore l’ho avuto diversi mesi fa quando alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine sono venuti a farmi visita e non vi era una motivazione particolare; salvo aver osservato a lungo la mia stanza dei trofei dove ne custodisco tantissimi, circa un migliaio”.
Ci puoi raccontare qualcosa del tuo percorso da atleta fino alla conclamata premiazione ?
“Beh, un percorso lunghissimo di decenni. A 16 anni sono stato campione regionale nei pesi massimi dilettanti, poi la partecipazione agli interregionali e la convocazione a 17 anni in azzurro dove ho esordito a Copenaghen in occasione di una sfida contro la selezione danese. In maglia azzurra ho poi collezionato quattordici presenze, ma non sono riuscito ad accedere alle olimpiadi a causa della sconfitta contro De Piccoli; anche se poi ha vinto l’oro e si è dimostrato meritevole di quel posto. Sono poi passato al professionismo in cui ho fatto circa dieci match. Ho poi deciso di smettere per il fatto che ai tempi si andava avanti solo con la borsa e ciò era assai difficile. Appesi i guantoni al chiodo ho poi frequentato il corso da tecnico. In seguito ho conseguito il diploma di educatore sportivo e quello di dirigente sportivo. Da oltre vent’anni poi sono Commissario di Riunione e mantengo tutt’ora questo ruolo. Mi definiscono severo, ma ritengo al contrario di avere dei valori fondamentali che mi sono stati trasmessi: la parola data e il rispetto delle regole li considero sacri”.
Quale dei tanti ruoli svolti all'interno del pugilato ti ha dato più soddisfazione?
“A modo loro tutti i ruoli mi hanno lasciato qualcosa. Certo fra tutti l’aver vestito la maglia azzurra è quello che mi ha dato più orgoglio e gioia. Sia la chiamata in azzurro sia quella nelle fiamme oro. Ti senti un rappresentante dell’Italia nel mondo; a mio parere qualcosa di unico a cui nulla può essere paragonabile”.
Si vocifera della tua volontà di scrivere un libro. Cosa ci terresti a raccontare?
“Guarda ci vorrebbe qualcuno che mi assistesse. Il motivo principale è che davvero mi sono successe così tante cose che non si possono immaginare. A 12 anni, a causa della mia esuberanza, mia mamma mi ha portato in palestra dove per la prima volta mi sono avvicinato al pugilato. Da lì una miriade di avvenimenti e diversi decenni a dedicarmi al pugilato, finché un giorno mi sono ritrovato al Quirinale a ricevere il titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana”.
Alessio Melizzi